“Dove avrei dovuto sedermi?” Il setting dell’incontro con un potenziale cliente

La persona che mi si era appena seduta di fronte, fredda e risoluta, country manager di un’importante multinazionale, mi chiese improvvisamente: “Secondo lei io dove avrei dovuto sedermi”?

La domanda posta in modo perentorio mi scosse. In pochi decimi di secondo mi affrettai a riflettere se avevo compiuto l’errore del principiante, sedersi a capo del tavolo, o quello del collusivo, mettersi in prossimità del capo del tavolo stesso. No, non avevo sbagliato! Allora, nei centesimi successivi, immaginai i riti di organizzazioni tribali dove tutti sanno quale sia il posto del capo. Eppure no, non avevo certo leso l’onore e anche questo pensiero mi lasciò immediatamente. Cercai allora di concentrarmi negli istanti rimanenti sulle sedie e in quale posizione fossero collocate all’interno della stanza. Troppo tardi, avvertii che dovevo rispondere in quell’esatto momento e senza tentennare. Azzardai allora un: “Nel posto di sua maggior comodità” e aspettai in silenzio di capire se il filo era entrato nella cruna…

Immagino che molti consulenti, sviluppatori, promotori, informatori e più in generale manager della vendita, si siano ritrovati almeno una volta in una situazione “di scelta” all’inizio di un incontro commerciale. Come attraversare indenni – nel mio caso la risposta non fu proprio la più azzeccata – domande trabocchetto e sentirsi al “posto giusto”?

Per sentirsi al “posto giusto” bisogna cominciare dal setting che può rivestire un punto di “sicurezza” sul quale poter poi fare leva. Un po’ come allacciarsi bene gli scarponi prima di affrontare un pendio ripido…

In altri articoli abbiamo trattato la complessità del setting di una riunione a distanza in videoconferenza (competenza digitale), qui invece ci concentriamo sul setting in presenza evidenziando le 5 golden rules.

 

  1. Analizzare la sala nella quale si sta per svolgere l’incontro

Avendo lavorato in azienda prima di divenire consulente, ricordo ancor oggi un suggestivo episodio avvenuto con un fornitore della mia società di allora. Dopo aver terminato l’incontro, io e il mio capo discutemmo delle opportunità che avremmo ricavato nello sperimentare una nuova partnership commerciale.

Tra i vari elementi discussi e soppesati uno mi parve molto particolare. Il mio manager mi disse: “In aggiunta alle riflessioni fin qui fatte, metterei sul piatto anche l’attenzione al dettaglio che il nuovo fornitore garantirebbe nello svolgimento del progetto”. Chiesi incuriosito: “Da cosa hai tratto questa impressione”? Mi rispose: “Ci ha parlato di cosa sta scritto nella fotografia qui alle mie spalle”.

Al momento non diedi peso a quell’affermazione, ma a distanza di anni mi risuona ancora nelle orecchie e ogni volta che vengo introdotto in una sala ne osservo i particolari e leggo a più non posso cosa sta scritto nelle pareti.

 

  1. Individuare la migliore posizione nella quale collocarsi

Scegliere dove immaginare di sedersi (scrivo immaginare in quanto in alcune circostanze non è possibile scegliere e, in altre, si viene poi trasferiti in ambiente diverso), è cruciale per catturare l’interesse del nostro interlocutore.

Mi sono di recente ritrovato introdotto nella sala riunioni di un Direttore Generale posta proprio di fianco al suo ufficio e con pareti di vetro ovunque (effetto acquario di Genova). Dove mi siedo ora, pensai?

Proprio in quella circostanza mi tornò in mente il country manager della multinazionale.

…Dopo avermi guardato perplesso infatti mi disse candidamente: “La prossima volta mi lasci nella posizione più adatta a lei e non a me!”. A quel punto, perso per perso, gli chiesi quale fosse la posizione più adatta per il sottoscritto. Cambiò l’espressione del suo viso e con un leggero sorriso e quasi sottovoce mi rivelò il suo “segreto”: “Deve lasciare il suo interlocutore sempre nella condizione di prestarle il massimo di attenzione”. Ecco fatto! Decisi quindi di lasciare al Direttore Generale il posto “adatto”, dove non potesse deconcentrarsi seguendo i movimenti delle sue due segretarie e, nell’attesa, mi misi intanto io, discretamente, ad osservare i loro spostamenti.

 

  1. Preparare gli strumenti più idonei sul tavolo

…E ora dove metto la borsa e, specialmente, cosa metto sul tavolo? Il mio libro nero degli appunti, il mio pc o forse niente…

Posto che ognuno ha proprie preferenze frutto delle attitudini personali e delle competenze digitali maturate (una ex collega usava appositamente il suo cellulare per raccogliere appunti direttamente in cloud), credo che una breve riflessione possa comunque essere fatta sul tema.

Ritengo che in un primo incontro il massimo dell’energia vada spesa guardando e ascoltando l’interlocutore. Meglio intercettare un possibile luccichio nei suoi occhi ad una nostra affermazione che rivolgere lo sguardo su un pc o su una parete per esibire con delle slide i nostri passati achievements.

Si viene “pesati” sulla generazione di interesse, esponendo i progetti già svolti e configurando possibilità di offrire supporto o soluzioni su un tema specifico da catturare.

Terrei quindi il minimo indispensabile sul tavolo, evitando di invaderlo, con blocchi degli appunti o pc chiusi per poter essere aperti solo nel momento in cui venisse manifestamente rivelata l’intenzione del potenziale cliente di “passarci” un brief per lo sviluppo di un’offerta.

 

  1. Disporre appropriato biglietto da visita

Durante la mia carriera non mi ero mai posto il problema se non da un punto di vista estetico. Poi, durante l’incontro con un Direttore del Personale di un Gruppo Industriale, ecco aprirsi il dilemma: meglio consegnarlo prima o dopo e come presentarsi attraverso il biglietto da visita?

Il mio collega consegnò il suo biglietto e, dopo una breve pausa di lettura, il nostro interlocutore ci domandò: “Perché nella sua “business card” vi sono tutti i termini in inglese e il suo ruolo è invece in italiano?”. Il collega, abilissimo nell’arte dell’improvvisazione, rispose: “Abbiamo pensato a lungo ai termini da utilizzare nei nostri biglietti da visita e questo ci è sembrato quello che meglio descrivesse il lavoro che svolgo”.

Dopo i saluti finali, dialogando amichevolmente con una collaboratrice del Direttore del Personale, anch’essa presente all’incontro, la stessa mi disse confidenzialmente: “A proposito del biglietto da visita, lui ne ha uno molto studiato e curato. Dice che rivelano l’immagine dell’azienda e di chi ci sta di fronte!”

Da quel giorno sto ancora pensando a come trasformare il mio per la terza volta in modo che, all’arrivo dell’interlocutore, io possa da subito “esibire” il brand della mia azienda, il mio ruolo e il mio nome.

 

  1. Concentrarsi fiduciosi sull’arrivo del potenziale cliente

Su cosa concentrarsi nel tempo rimanente tra il nostro ingresso nella sala e l’arrivo del potenziale cliente?

Stando in piedi e resistendo quindi alla tentazione di sedersi “facendo qualcosa”, ci si può focalizzare sul percorso da compiere proprio come poco prima di una gara di sci.

Avendo allacciato bene gli scarponi, mi sento pronto ad affrontare il pendio. Mica tanto però.

Nelle gare le porte rimangono solitamente dove sono; al contrario, in un incontro commerciale, l’interlocutore può portarci anche “fuori pista”. Meglio visualizzare ancora una volta quando come porre le domande chiave!

P.S. Sapere con chi avrò a che fare è un elemento rilevante del quale preoccuparsi ben prima dell’incontro. In ogni caso, per quelli che ogni tanto improvvisano, suggerisco di cercare sul cellulare qualche informazione in rete o, ancor meglio, un filmato su you tube proprio all’ultimo momento…

 

In H2O abbiamo sviluppato una specifica sensibilità e competenza nel costruire percorsi ad hoc per reti commerciali e di sviluppo. Se vuoi conoscere i nostri format e le nostre metodologie, scrivici a scrivi@h2ogroup.it

 

Gianmarco Albani

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