Quante persone conosci «resistenti» al cambiamento? Quelli che di fronte al nuovo mostrano diffidenza, preferiscono le prassi note, minimizzano la necessità e comunque trovano difficile o addirittura impossibile cambiare? E tu? Ti consideri aperto o resistente?
Le reazioni e le situazioni possono essere diverse, ma i meccanismi del nostro cervello sono gli stessi per tutti noi.
Le ultime scoperte ci dicono che la resistenza è una «reazione naturale»: una dinamica molto importante da prendere in considerazione per chi si occupa di change management.
Tra le capacità del cervello c’è la neuroplasticità, cioè l’abilità di modificarsi dal punto di vista strutturale e funzionale in risposta all’esperienza. Quindi il cervello cambia a ogni esperienza e può ristrutturarsi in modo importante anche in età adulta. Ma per poter sfruttare la neuroplasticità come risorsa, ci vuole un’azione intenzionale. E’ la coscienza ad attivare il cambiamento, anche perché cambiare implica per il cervello uno sforzo notevole… e anche tempo. Per questo la letteratura classica ha sempre spinto a spiegare il «perché» per favorire l’adozione di nuove prassi. Ma non basta. «Capire il perché» è un passo, per «dare seguito a nuovi comportamenti, diversi dalle abitudini di sempre» bisogna farne almeno altri due.
Abbiamo provato a seguire i meccanismi che avvengono a livello di individuo (e del suo cervello) per riportarli sui meccanismi organizzativi. Sembrerebbe che sia nell’essere umano che nell’organizzazione si possa seguire lo stesso flusso per stimolare il cambiamento di comportamenti e abitudini e garantire che poi il cambiamento avvenga in tempi sostenibili e in modo coerente a quanto auspicato.
Vediamo 4 fattori e momenti chiave su cui ci siamo soffermati.
- Il cuneo è l’impulso iniziale, cioè quell’elemento che genera l’instabilità da cui nasce la percezione della necessità o del desiderio di un cambiamento
- Dopo aver colto la necessità di un cambiamento è essenziale maturare consapevolezza di sé, del cambiamento in atto e di cosa fare per creare un nuovo equilibrio. Senza la consapevolezza il cambiamento non si attiva
- Il premio, il vantaggio o il riconoscimento percepito una volta messo in campo il cambiamento è essenziale per fornire la motivazione a proseguire. Non si modifica un’abitudine o una prassi se non ne vale la pena, in quanto implica uno sforzo notevole.
- A questo punto il processo è innescato, ma perché una nuova abitudine soppianti quella vecchia, è necessario definire un percorso di allenamento e di implementazione sostenibile.
Negli approcci classici, pur ritrovando queste dimensioni di lavoro, alcune avevano implicazioni organizzative e altre più individuali. Noi pensiamo a un unico framework, ispirato a una base scientifica che faccia coesistere invece la sequenza dei fattori chiave da presidiare nel change management, sia lato human che lato organization. Inoltre, per concettualizzare questi fattori, abbiamo utilizzato la forma della spirale, da sempre simbolo di movimento, di energia e forza che si sviluppano, di rinascita, di percorso che conduce alla conoscenza, di evoluzione… di cambiamento.
A presto per un nuovo approfondimento.
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