Si nasce o si diventa?

G. – E dai! Usciamo. Andiamoci e vedrai. Passo io a prenderti!–

S. – Non mi va proprio. Sono stanco, me ne vado a letto presto …–

G. – A letto presto? E domani mattina? Ti sveglierai senza aver fatto niente. Una sera sprecata. Facciamo qualcosa che potremo raccontare! Passo alle 8?–

 

Ci sono abilità, tra l’altro proprio quelle per certi versi più affascinanti o ambite, che quando sono approfondite in occasioni di formazione o sviluppo, provocano spesso un dubbio importante: ma davvero si può imparare, oppure ci devi nascere?

Parlare in pubblico, creatività, empatia, problem solving … e altre. Ma soprattutto la leadership.

Leader si nasce o si diventa? Quante volte l’abbiamo fatta o sentita questa domanda …

 

Al liceo ero un fiero appartenente della VA. Ancora nel nominarla sento un certo orgoglio. Eravamo tutti (o quasi) molto affiatati. Tutti (o quasi) uscivamo spesso insieme. Come ci organizzavamo? Beh, c’era Gennaro. Era uno pieno di idee, aveva sempre voglia di fare qualcosa di nuovo, ogni settimana aveva una proposta diversa. Quando si trattava di organizzare per uscire la sera o fare qualcosa, inseguiva un po’ tutti per raccontare la sua proposta, convocava gli influenzatori, raccontava quanto sarebbe stato bello e divertente partecipare, stimolava i più pigri, prendeva la sua macchina, sceglieva il posto dove andare, chiamava lui la pizzeria o il pub per prenotare. Decideva e per molti di noi era (anche se non lo chiamavamo così) il leader. E noi? Di fatto non decidevamo ma lo seguivamo, lo criticavamo per le scelte, offrivamo idee migliorative, anche se sistematicamente tardive, e qualche volta lo ringraziavamo. Ma quasi mai.

E Gennaro a 18 anni non aveva ancora fatto un corso di leadership.

 

Per chi si occupa di formazione ammettere che abilità come la leadership siano una dote naturale o innata, corrisponde a una resa incondizionata inaccettabile. Significa dover ammettere che tutte le iniziative di formazione e sviluppo sono di fatto sterili. Ma sappiamo già il finale: la componente innata o naturale, che dir si voglia, conta ma non basta. Ci sono temi di miglioramento importanti e determinanti: allenamento, affinamento, potenziamento. E su questi aspetti la formazione è avanti.

Ma se volessimo lavorare anche sull’altra dimensione, quella naturale? Quella umanamente più profonda? Riconoscerla, pensiamo agli assessment, è difficile ma possibile, ma svilupparla?

 

Un bel giorno decido di voler provare io a organizzare la serata per i miei amici. Guidare il gruppo mi piaceva come idea. La mia ambizione non era matura ma “se continui a pensarci e mai a farlo” mi dicevo…. Così provo ad anticipare Gennaro. A costo di sembrare un po’ anziano, devo ricordarvi che quando io facevo il liceo non c’erano i cellulari. Quindi no whatsapp, no tripadvisor, no google, no navigatore. C’era il telefono (però con i tasti, non a disco) fisso, l’elenco telefonico, le pagine gialle e il tutto città. Quando organizzavi dovevi avvisare tutti, “fare le macchine”, concordare ora e luogo. E negoziare con tutti. Ma quello era il minimo … Mi sono proiettato nel futuro prossimo e mi sono visto criticato, commentato, anche un po’ insultato (tra ragazzi non ci facevamo troppi complimenti). Mi sono visto nell’auto alla guida della colonna sbagliare strada seguito dall’impietosa ilarità dei miei amici. Poi ho pensato ai più “rompi” che avrebbero criticato il posto, il pasto e tutto quello che avrebbero avuto a tiro.

E a quel punto … “ma chi me lo fa fare” …

 

Entrano in gioco il carattere, la maturità, le esperienze precedenti, ma alla fine è una scelta. Una scelta che segue a una valutazione più o meno consapevole di tipo costo/beneficio.

Il tema chiave è il rischio. Anzi la propensione/avversione al rischio. La visione della leadership come capacità di assunzione di rischi, pur consapevoli, che non ne esaurisce la definizione, ci piace molto. Coerente anche con la chiave di lettura della leadership indipendente dall’avere o meno collaboratori da gestire.

E al rischio si collega la decisione, e alla decisione la volontà. Spieghiamoci meglio. Ci sono situazioni che hanno una componente di rischio oggettiva, ma la volontà ha un peso sulla lettura del rischio dal punto di vista soggettivo. Semplificando, più si vuole una cosa, meno la si valuta rischiosa.

Volere un obiettivo significa essere disposti ad assumersi rischi per quell’obiettivo. In termini formativi e di sviluppo, significa lavorare sull’orizzonte della consapevolezza degli obiettivi di crescere nella propria leadership e sul motore della forza di volontà.

Elementi che permettono di andare oltre il “si nasce”, e rendere più accessibile il “si diventa”.

Un lavoro importante e profondo che stiamo sperimentando nelle PALESTRE MANAGERIALI di H2O per valutare e orientare lo sviluppo della Leadership e di tutte quelle altre competenze dove la dimensione del talento naturale conta, focalizzando obiettivi e motivazioni personali, facendo emergere e mettendo alla prova la volontà di essere e fare.

 

Gennaro non ha mai fatto un corso specifico sulla leadership. Anche se millanta da anni di volerlo fare.

All’università ha scritto la tesi su se stesso, perché nel frattempo aveva creato un nuovo modello di business nella distribuzione porta a porta, è stato direttore generale in due importanti aziende italiane, ha presentato a diversi studenti la sua esperienza imprenditoriale e manageriale. Adesso lavora come imprenditore tra Italia e Spagna.

E ancora non è del tutto consapevole della sua leadership. A dicembre siamo riusciti ad averlo in una sessione formativa. Ha detto “interessante, da ripetere. E mi è venuta un’idea … si potrebbe anche … …”

 

 

Silvio Malanga

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